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Il 12 maggio vogliono una rivincita sulle conquiste laiche di 33 anni fa

• da Liberazione del 8 maggio 2007, pag. 11

di Diego Galli

"Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese: family day". Lo slogan buonista verniciato d'inglese è tradotto efficacemente dal portavoce Pezzotta: «E' una manifestazione contro i Dico». Oltre a questo, però, c'è una visione della famiglia e della società che merita di essere approfondita, superando gli slogan.
Di fronte alla difesa a spada tratta da parte delle gerarchie ecclesiastiche di un modello di famiglia definito di "diritto naturale" - mononucleare, eterosessuale e soprattutto fondato sul "bene" della riproduzione - c'è una tradizione radicale e laica che su questi temi da cinquant'anni non fa mancare un apporto culturale e politico, credo unanimente riconosciuto determinante in alcuni passaggi cruciali della storia del nostro Paese.
Proprio il giorno del Family Day, il 12 maggio, ricorre l'anniversario del referendum sul divorzio del 1974, la data in cui gli italiani sancirono con il loro voto il principio per cui a fondamento della famiglia doveva esserci una libera scelta di amore e non un'imposizione di legge. La famiglia cessava allora di rappresentare per lo Stato un interesse superiore a quello degli individui che la compongono.
Le conseguenze di quel voto, a cui contribuì in modo decisivo l'elettorato cattolico, furono moltissime. L'anno successivo il Parlamento approvava finalmente il nuovo diritto di famiglia, che riconosceva per la prima volta la parità giuridica dei coniugi, stessi diritti per i figli legittimi e quelli nati fuori del matrimonio e l'abolizione dell'istituto della dote e della patria potestà. A livello politico si verificò una significativa perdita di consensi elettorali della Dc. A livello sociale il risultato del referendum accelerò il processo di secolarizzazione, il cui segnale più evidente si manifestò nei comportamenti riproduttivi degli italiani. Se tra il 1973-74 la diminuzione delle nascite era stata di circa 6mila persone, tra 1974-75 raggiunge le 40mila unità, e da allora continuerà a diminuire a un ritmo costante e superiore a quello degli anni precedenti.
La bassa natalità non rappresenta di per sé un segno di progresso sociale. In Italia, anzi, è una delle conseguenze più evidenti dell'incertezza economica in cui vivono milioni di persone, dell'assenza di adeguati servizi sociali e di una ancora non conquistata parità tra uomo e donna nella vita familiare e nel lavoro. Inoltre, demografi ed economisti ci ricordano come proprio nei paesi dove varie forme di convivenza sono riconosciute e tutelate, come in Francia, in Svezia e in Gran Bretagna, si sono riscontrati significativi incrementi nei tassi di natalità, mentre proprio in Italia si registra il più basso numero di nascite del mondo.
Tuttavia, l'affermazione della maternità e paternità responsabili ha rappresentato il segnale più evidente della trasformazione antropologica subita dalla famiglia, la quale non trova più fondamento nella necessità biologica della riproduzione, come vorrebbero i convocatori del Family day, ma nella qualità delle relazioni affettive e nella condivisione dell'intimità. La stessa etimologia della parola famiglia, dall'italico famel , che significa "casa", rimanda a una dimensione relazionale e non biologica o riproduttiva: la casa, il luogo dove stare, dove convivere.
Lo scontro tra visioni alternative della famiglia è tutta qui. La libertà sessuale, la scissione tra sessualità e riproduzione, che ha attraversato tutte le grandi battaglie laiche del nostro Paese - dalla campagna dei radicali e dell'Aied per la legalizzazione dei contraccettivi negli anni '50, alle lotte di emancipazione femminile, a quelle per il riconoscimenti dei diritti degli omosessuali condotte con il Fuori, alla battaglia sull'aborto, fino al più recente referendum sulla fecondazione assistita -, è il nodo su cui come radicali ci siamo scontrati con le forze politiche clericali e le gerarchie ecclesiastiche, essendo noi e non loro in sintonia non solo con la maggioranza dell'elettorato, ma anche dei credenti.
Quelle battaglie hanno segnato non solo una parte importante della storia del nostro Paese, ma anche il riconoscimento, attraverso le leggi che creano "mentalità e costume", di quella rivoluzione dell'intimità così ben descritta da uno dei maggiori sociologi del nostro tempo, Anthony Giddens.
I concetti di autonomia, libertà nelle relazioni affettive, parità tra i sessi, dialogo, sono pentrate dentro le mura domestiche e si sono sostituite alla tradizione, ai ruoli gerarchici, alla famiglia patriarcale, all'imperativo della riproduzione. Giddens parla di "democrazia delle emozioni" e indica i gay come gli apripista delle nuove forme di relazione, proprio perché si sono trovati a dover riscrivere le regole della convivenza al di fuori dei modelli familiari tradizionali.
La famiglia santificata come naturale, quella eterosessuale, mononucleare, con figli, rappresenta soltanto una delle forme assunte dalla famiglia nella storia dell'umanità, e oggi nella società contemporanea. Il concetto di famiglia naturale disconosce le conquiste affettive di milioni di persone, e rischia di racchiudere anche la realtà della famiglia tradizionale, e delle sfide che deve affrontare quotidianamente, negli stretti confini di una scontata normalità. Dobbiamo affermare con forza il principio per cui occorre che le famiglie si fondino sempre più non su una definizione astratta e ideologica com'è quella di famiglia naturale, utilizzata per legittimare politiche di stampo fondamentalista e oppressivo, ma sul dialogo, sullo sviluppo delle qualità relazionali ed emotive, sulla parità a prescindere dal sesso, sulle forme plurali che le relazioni affettive assumono per conciliare l'amore con l'imprescindibile autonomia e libertà degli individui che lo animano e gli danno corpo.
Sono principi già affermati nel nostro Paese, e riconosciuti da leggi dello Stato. La stessa giurisprudenza dei tribunali civili si mostra assai più avanzata del dibattito attuale sui Dico.
Come radicali e come Rosa nel Pugno non lasceremo che il 12 maggio si tenti di spostare le lancette della storia indietro di 33 anni. Per questo abbiamo convocato a Piazza Novana le giornate dell'orgoglio laico, su cui chiediamo la convergenza di tutte le forze laiche del Paese. La giornata ha in programma una manifestazione-concerto a Piazza Navona, insieme ad un importante convegno che abbiamo intitolato "Il mito della famiglia naturale: la rivoluzione dell'amore civile", con il contributo di sociologi, psicologi e giuristi. Il convegno e la manifestazione saranno l'occasione per discutere e confrontarsi sugli stessi temi che a Piazza San Giovanni vedranno radunati gli eredi degli sconfitti del 1974, mobilitati per ottenere una clamorosa rivincita contro: illuminismo, laicismo, liberalismo, relativismo, nel giorno proclamato "Family Day".
Appuntamento allora a Piazza Navona il 12 maggio nel pomeriggio, e la mattina alla sala delle conferenze, piazza Montecitorio 123/a alle 10.


NOTE


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