"Se lo scopo del c.d. testamento biologico fosse evitare l'accanimento teraÂpeutico, lo si giudica uno strumento totalmente superfluo perché già vietato dal CoÂdice deontologico; se lo scopo fosse l'introÂduzione di un mezzo per l'applicazione - più o meno surrettizia - di pratiche eutanasiche, allora sarebbe qualcosa di molto peggio che superfluo". Così il documento dell'Ordine dei medici e odontoiatri di Milano (la seÂconda federazione nazionale per importanza) reso noto lunedì, dopo un convegno sulÂl'argomento svoltosi nel weekend. Dell'importanza e del peso di una simile presa di posizione ufficiale - proprio mentre si avvia in commissione Sanità del Senato l'esame dei ben dieci disegni di legge depositati- si è subito accorta l'associazione Luca Coscioni, che per bocca del vicesegretario Rocco Berardo lo ha attaccato come "inutile e danÂnoso" l'intervento dell'Ordine milanese. Che invece un peso avrà , in quanto fratto di un percorso tutt'altro che estemporaneo.
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Innanzitutto perché i medici di Milano pongono come basilare l'idea di "alleanza terapeutica", "un rapporto tra persone che condividono gli stessi principi... particolarÂmente importante proprio in fine vita, quanÂdo la tecnica medica deve chinare la testa davanti al mistero della morte". In secondo luogo, il documento si colloca all'interno di un acceso dibattito nel mondo medico. Sette mesi fa, il 16 dicembre 2006, proprio nel pieÂno del caso Welby, la Federazione nazionaÂle dell'Ordine dei medici chirurghi e odonÂtoiatri (FNOMCeO) presentava a Milano il nuovo Codice deontologico, frutto del lavoro di un comitato ristretto di cinque persone. Testo frutto di compromessi, frizioni, anche contestato, delicato proprio nei passaggi reÂlativi alle problematiche del rapporto con il paziente e della fine vita. Qualche mese doÂpo, è stato approvato anche il nuovo "GiuraÂmento" professionale, in cui è stato inserito l'impegno a "promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente basata sulla fiducia reciproca". Valerio Brucoli, medico e presiÂdente della commissione di Bioetica delÂl'Ordine di Milano, a quel comitato ristretto ha partecipato e ne spiega i nessi con il doÂcumento milanese: "E' stato importante inÂserire quel comma. Quella definizione - diÂversa dal 'contratto terapeutico', per cui alÂla fine il paziente diventa colui che decide il 'servizio' e il medico solo un tecnico speciaÂlizzato - arriva al cuore del problema delle cure in fine di vita. E chiarisce che le deciÂsioni vanno prese, sono di fatto sempre prese, all'interno di un rapporto fiduciario". OvÂvio, spiega Brucoli, tutto va bene quando c'è sintonia di valori. IIlproblema sorge quando non c'è: "La presa di posizione di Milano siÂgnifica un'opzione perché in questi casi la responsabilità del medico non sia cassata, sminuita. Per questo ribadiamo che una legÂge è inutile: le regole deontologiche per eviÂtare l'accanimento, o viceversa contro l'abÂbandono ci sono già . La legge aprirebbe una
finestra sulla possibilità che a decidere non sia più il medico assieme al paziente e ai faÂmiliari, ma solo il paziente, o peggio ancora un complesso burocratico". Altro punto che Brucoli ritiene infatti importante è quello dell'autodeterminazione, principio affermaÂto dall'articolo 32 della Costituzione. "Al noÂstro convegno, Paolo Casavola ha però ribaÂdito che l'autodeterminazione non è assoluÂta, non può mai diventare diritto al suiciÂdio". Ieri, anche un editoriale di Avvenire sosteneva la stessa causa: "Nel momento in cui la vita diviene per legge un bene dispoÂnibile tutto può accadere", denunciando poi il testamento biologico faciliterebbe una "eutanasia per omissione".
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Non tutti i medici la pensano così. Il polÂso lo sì misurerà in un appuntamento crac-viale, il 6 luglio, quando si svolgerà a Udine un convegno nazionale del FNOMEeO sul teÂma "Etica di fine vita: percorsi per scelte reÂsponsabili", in cui verrà presentata una ricerca realizzata tra medici circa i "comporÂtamenti e le pratiche da porre in essere al capezzale del malato terminale nel rispetto del Codice deontologico". Le posizioni diÂvergono, lo ha spiegato lo stesso presidente nazionale, Amedeo Bianco, e per i promotoÂri è anche "una iniziativa con la quale la professione intende promuovere norme per garantire i medici sotto il profilo legale". E forse non è un caso che si svolga a Udine, doÂve recentemente l'Ordine provinciale ha apÂprovato, autonomamente, un "modello stanÂdard" di testamento biologico.
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Tutto questo inciderà sulla partita politiÂca. Martedì è ripreso il dibattito in Senato. Dopo la decisione della relatrice Fiorenza Bassoli di non presentare un testo unificato, i lavori procederanno a rilento ("tempi biÂblici", tuona Antonio Del Pennino, firmataÂrio di uno dei disegni di legge). Difficile poÂsizione in cui si è venuto a trovare il presiÂdente della Commissione, il professor Ignazio Marino, cattolico e senatore nella siniÂstra, autore egli stesso di un disegno deposiÂtato un anno fa. Marino tiene molto a conÂdurre in porto l'impresa, e lancia appelli fiduciosi: "Non credo che sia difficile trovare una sintesi fra i vari disegni di legge anche perché se poi andiamo nel merito si diffeÂrenziano per pochissime questioni". Le difÂferenze invece sono enormi. Dalla necessità della legge stessa (per Marino, "in assenza dì una normativa sul testamento biologico, a decidere sia alla fine il medico o il rianimaÂtore, e spesso decide da solo", posizione opÂposta a quella di Milano). Al problema delÂl'alimentazione e idratazione, il decisivo noÂdo medico da sciogliere. In realtà , il ComiÂtato nazionale di bioetica l'ha già sciolto, staÂbilendo che nutrizione e idratazione non soÂno rifiutabili né sospendigli, in quanto non si tratta di terapie. Martedì, a sorpresa, tutti si sono detti d'accordo su questo punto, prendendo in contropiede i sostenitori del la tesi opposta, tra cui proprio Marino.
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